Con il subentro alla Camera di Commercio di Imperia del nuovo Ente certificatore Made in Quality nel sistema di controllo per i vini DO e IG il rapporto con il mondo della produzione si è incrinato. I Viticoltori lamentano troppa rigidità nell’applicare il piano di controllo.
Le problematiche, emerse in quest’ultimo periodo, sono due, entrambe riguardano il vino Docg Rossese di Dolceacqua, ambedue complicano ulteriormente il già farraginoso sistema burocratico cui è sottoposto il comparto vitivinicolo.
Una, a parere della CIA priva di alcuna base normativa, riguarda la messa in commercio del vino Rossese di Dolceacqua Superiore; secondo l’organismo di controllo, non è possibile presentare richieste di prelievo di campioni del vino per la certificazione Do. prima del 1 novembre della campagna successiva. Come già detto riteniamo tale interpretazione priva di ogni presupposto tant’è che il disciplinare di produzione del Rossese stabilisce esclusivamente che la tipologia Superione non possa essere messa al consumo prima del 1 novembre della campagna successiva:
Nulla invece è previsto in merito alla richiesta di campionatura; in aggiunta a ciò, il Mipaaf ha chiarito più volte, su richiesta di alcuni consorzi di tutela, che tale vincolo temporale riguarda esclusivamente la messa in commercio del vino. La Cia, per evitare che il problema emerga anche per la prossima campagna, dacché per questa ormai il danno è fatto, ha inoltrato al Ministero una richiesta di parere univoco.
L’altra questione riguarda l’utilizzo in etichetta del nome delle menzioni geografiche aggiuntive, i cosiddetti CRU, in gergo, i nomi della località. Anche in questo caso l’organismo di controllo ha evidenziato che non è possibile indicare in etichetta la menzione se la partita di vino nominata non è interamente tracciabile. Ci permettiamo di far notare che sono anni che i viticoltori, in perfetta buona fede, indicano in etichetta il nome della località e per quanto il rilievo dell’organismo di controllo sia fondato dal punto di vista squisitamente tecnico, si poteva affrontare la questione in modo graduale e condiviso, coinvolgendo l’intera filiera produttiva con il contributo degli enti preposti al controllo.
Il quadro è abbastanza preoccupante; ci viene spontaneo chiederci se un viticoltore che produce uva e/o vino, per lavorare, tutti i giorni deve essere alle prese con una burocrazia cangiante e crescente, intrisa d’intoppi burocratici dovuti a numerose leggi e regolamenti che si sovrappongono in modo non coordinato e da interpretazioni prive di buonsenso.
Davvero, al di là delle parole e delle promesse, è giunto il tempo per assistere ad una draconiana riduzione degli adempimenti burocratici, resi ancora più odiosi dalle interpretazioni assunte dai troppi enti sul territorio.
Secondo la CIA di Imperia il dovere del potere politico è quello di concentrare le funzioni di controllo in un unico organismo e adoperarsi per l’uniformità e lo snellimento degli adempimenti burocratici. In caso contrario le realtà più piccole ma più preziose a livello di tutela e salvaguardia della varietà e della qualità dell’offerta territoriale rischiano davvero di essere schiacciate.