L’Associazione dei Florovivaisti Italiani chiede al governo un’attenta riflessione sulle ripercussioni per tutta la filiera della produzione di piante in vaso e fiori recisi nel caso di ulteriori restrizioni nel Nord Italia per contrastare la diffusione del contagio da coronavirus. «La questione sanitaria è di primaria importanza per il Paese - dichiara Aldo Alberto, nella sua veste di presidente nazionale dei Florovivaisti Italiani -, e per questo motivo le nostre aziende si sono dimostrate responsabili, tutelando con strumenti di protezione individuale tutti i dipendenti. Riteniamo, tuttavia, necessario che le Istituzioni, prima di prendere qualsiasi provvedimento, pongano attenzione agli effetti di una chiusura totale delle regioni del Nord per il settore florovivaistico, che per sua specificità ha una stagionalità molto breve e concentra quasi il 90% del suo fatturato fra i mesi di marzo e maggio».
Un blocco totale del Nord Italia, massimo bacino di utenza per il comparto, porterebbe al collasso tutta la produzione, con la necessità di un ricorso agli ammortizzatori sociali per la maggior parte dei lavoratori del settore. L’associazione teme anche una crisi del sistema bancario, che finanzia la quasi totalità degli investimenti nel settore agricolo e florovivaistico.
Il settore florovivaistico rappresenta in Italia il 5% della produzione agricola totale e si estende su una superficie di quasi 30mila ettari, e conta 23mila aziende e 100mila addetti, di cui 15mila coltivano fiori e piante in vaso e 8mila sono vivai. Il comparto vale circa 2,5 miliardi di euro, di cui il 55% va attribuito ai prodotti vivaistici (alberi e arbusti). In Europa, le aziende florovivaistiche contano un fatturato di oltre 20 miliardi di euro e l’Italia, vale il 15% della produzione comunitaria. Tra i maggiori produttori in Italia c’è la regione Liguria, seguita da Toscana, Campania, Sicilia e Puglia.
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